Riflessioni

Yoga. Le basi teoriche

 

Lo Yoga è una via di realizzazione ascetica le cui origini risalgono a circa 5000 anni fa. Probabilmente all’inizio era caratterizzato da micro-movimenti secondo un’antichissima corrente appresa in Kashmir da D. Odier.
Nel corso dei secoli lo yoga si è sviluppato in molteplici indirizzi, alcuni più devozionali, altri più orientati al corpo o alla mente, ma per tutti il fulcro del percorso spirituale è la piena padronanza di sé, come si evince dalla radice sanscrita Yug che come per l’italiano “giogo”, “aggiogare”, indica appunto lo sforzo del praticante di yoga di controllare le fluttuazioni mentali.
La stabilità mentale è l’obiettivo centrale e programmatico dello yoga, fin dagli Yoga Sutra di Patanjali, leggendaria figura che ebbe il merito di redigere il primo testo di yoga della storia e divulgare una disciplina tenuta fino a quel momento in gran segreto e trasmessa gelosamente da maestro a discepolo.
Leggiamo in questo testo fondamentale, che lo Yoga è la capacità di ridurre le fluttuazioni della mente, focalizzandola saldamente su un punto.
In questa stabilità, rimossa la pellicola perturbante che offusca la chiara visione delle cose, placati cioè i moti interiori causati dalle emozioni, dalle sensazioni, dai ricordi, dai pensieri, dai pregiudizi, dalle aspettative, la mente approda a una dimensione ultra-razionale, di contatto diretto con l’oggetto conosciuto, in cui si sperimenta l’unione percepiente-percepito o Samadhi.
Nello yoga quindi l’esperienza di Dio o della Realtà è un’esperienza totalizzante, oltre la mente razionale, è sperimentare il proprio Sé più profondo, sorpassare i limiti angusti dell’Ego, con cui tendiamo ad identificarci.
Il primo passo dell’ascesi yogica secondo lo yoga classico di Patanjali, chiamato Asthanga Yoga (Yoga delle Otto Membra o Rami) è rendere il corpo equilibrato e sano con posizioni immobili (Asana), il secondo intervenire direttamente sull’energia vitale (Prana) attraverso opportune pratiche di respirazione (Pranayama) che riequilibrando le energie assestano la mente. Per il potenziamento e la stabilità mentale, lo yoga utilizza una serie di tecniche di concentrazione (Dharana) che permettono di approdare a uno stato in cui l’attenzione non è più vincolata da limiti di tempo ma diventa uno stato continuo e non focalizzato su alcun oggetto particolare: diventa cioè stato coscienziale o meditazione (Dhyana).
Altro aspetto del percorso yogico è il distacco sensoriale (Pratyahara) e lo sguardo equanime, equidistante e senza giudizio che permette di attivare quell’aspetto della nostra consapevolezza chiamato “il testimone”, l’osservatore interiore, che porta a
disidentificarsi da tutto ciò che crea invece sicurezza e abitudine per il nostro Ego.
A fornire adeguata base etica all’edificio dello yoga vanno menzionati gli altri due rami dell’Asthanga: gli Yama e Nyama, regole di comportamento individuale e sociale, tra cui ricordiamo Satya (sincerità) e Ahymsa (non-violenza).
Dall’intreccio di questi molteplici sforzi, l’individuo approda al proprio auto-superamento. Se fino a un certo punto, lo sforzo di volontà presuppone ancora un’attività egoica, il salto finale verso l’ignoto, verso il non-conosciuto, è affidato all’insorgere dirompente di un nuovo tipo di energia-consapevolezza che divelge la struttura restrittiva dell’Ego. Quest’esperienza è rappresentata dal risveglio dell’energia Kundalini, che dalla zona dei genitali (l’energia più primitiva e inconsapevole) risale lungo il midollo fino a sfociare sulla sommità del capo e fuoriuscire nell’universo, nel momento della completa diluizione della dimensione individuale nella vastità della Coscienza universale.
Lo yoga dimostra nei testi che si sono succeduti nei secoli, un’eccezionale capacità di comprendere i meccanismi più sottili della psiche e di porre rimedio a moltissimi disagi psico-fisici molto prima della nascita della moderna psicologia occidentale.
I benefici dello yoga solo da poco sono stati testati e scientificamente provati e i risultati sono così lusinghieri da stimolare una costante diffusione di questa “Scienza del Benessere” nel mondo.
Essendo una scienza viva, esso si è arricchito negli anni di sempre nuove tecniche ed è in continua evoluzione anche ai nostri giorni.

RIFLESSIONI

Meditazione. Le basi teoriche

 

La Meditazione (in sanscrito Dhyana) è il cuore della speculazione mistica millenaria dell’Oriente, il dono più prezioso che l’India dona all’umanità, ancora in parte misconosciuto.
Con la Meditazione si entra in contatto con sfere della coscienza umana che vanno ben oltre la semplice razionalità, oltre la dimensione egoica che ci dà della realtà una visione parziale e angusta. Si tratta di un percorso per niente facile anche se lo stato a cui essa anela è quanto di più semplice possa essere esperito: l’innocenza degli occhi di un bambino che osserva il mondo con la meraviglia della prima volta è lo stesso dell’Illuminato che si è arreso all’evidenza della realtà così com’è, in tutta la sua apparente caoticità senza senso.
La Meditazione è uno stato dell’essere a cui si approda gratuitamente, senza sforzo o volontà, come la Grazia discende quando meno te l’aspetti: non è una questione di meriti o di allenamento.
Certo il praticante può mantenere il corpo e la mente puliti e sani, per facilitare il processo, ma oltre a tenere pulita la casa per l’ospite, null’altro può fare.
Le varie tecniche di Meditazione quindi sono propedeutiche, preparatorie, e vanno dalle più classiche praticate soprattutto nella tradizione dello yoga e del Buddhismo, alle più moderne meditazioni attive di Osho, che hanno una funzione catartica, lper liberarci dai pensieri compulsivi e dalle emozioni invasive, perché il mistero possa avvenire in noi.
La Bhagavadgita (Canto del Divino), poema di contenuto religioso divenuto nella storia un testo sacro tra i più popolari e amati dai fedeli dell’Induismo, in più di un passo descrive la postura tipica del meditante, che a gambe incrociate, con la schiena dritta, gli occhi chiusi – concentrati in un punto situato al centro della fronte, conosciuto anche come il terzo occhio di Shiva – portando l’attenzione alla regolarità del proprio respiro, si radica nel momento presente tenendo a bada tutte le irregolarità della mente, le emozioni, i pensieri, fino a raggiungere uno stato di equidistanza, di assenza di giudizio, di pura osservazione attenta e passiva della propria esperienza interiore.
Le Asana (posizioni yoga), il Pranayama (scienza del controllo dell’energia vitale tramite il respiro) e il Dharana (concentrazione) sono tutte tappe che, gradualmente, dal corpo alla mente, purificano il corpo, stabilizzano il sistema nervoso, raffinano l’energia vitale e la coscienza per permettere di accedere alla meditazione con più facilità.
Quando l’esperienza della meditazione da fugace e momentanea si fa stabile e permea la vita del saggio si fa esperienza del Samadhi (integrazione) in cui non c’è più confine tra il soggetto e il mondo, tra Io e Dio.